Mentre l'eolico in Europa cresce, in Italia si torna alla Cassa Integrazione!

La messa in Cassa Integrazione di 140 unità delle 240 in forza della IWT (Italian Wind Technology) di Taranto rende visibile in tutta la sua gravità la crisi che ormai da un anno ha investito il comparto della produzione elettrica da fonti rinnovabili e, segnatamente, dell’eolico.
La filiera che faticosamente si stava formando in Italia con un significativo trend occupazionale e di fatturato rischia il collasso per una serie di cause che l’ANEV (Associazione Nazionale Energia del Vento) ha analizzato e sintetizzato in un documento nel corso di un’assemblea generale dei produttori svoltasi a Roma nei giorni scorsi.
“Pur in presenza di una volontà politica dichiarata di voler rispettare gli obiettivi di Kyoto con la riduzione di gas serra – così osserva l’ANEV nel suo documento – il brusco arresto del settore delle rinnovabili è la prova provata che alle dichiarazioni non conseguono atti concreti e tempestivi capaci di sorreggere ed incentivare un settore così come era riuscito il CIP 6/92”.
In pratica il passaggio del sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili dal CIP 6 che garantiva durata (8 anni) e importi dell’incentivo ai Certificati Verdi che non permettono di programmare interventi di finanziamento a lungo termine per l’incertezza sul loro prezzo futuro ha, nei fatti, congelato banche ed operatori. Né le poche garanzie fornite dal sistema generale che risentono della situazione normativa finora farraginosa da tempo in fase di riassetto complessivo con l’attesa legge Marzano incoraggiano interventi ottimistici anche per il completo disaccordo tra i vari Ministeri che non riescono a sottoscrivere neppure il Protocollo d’intesa già firmato dal Ministero dell’Ambiente.
Naturale che il settore maggiormente penalizzato – in un quadro così fumoso – fosse l’eolico che negli anni dal ’96 al 2001 aveva realizzato performance di tutto rilievo con una raggiunta maturità tecnologica e un’apprezzabile competitività sul mercato in quanto a costi e ritorni d’investimento.
“Se non ci sarà un’immediata inversione di tendenza – osserva il documento ANEV – sarà inevitabile l’irreversibile soffocamento di un settore che stava creando nuovi e qualificati posti di lavoro e, soprattutto, si stava rivelando autentica occasione di sviluppo per le zone più depresse del Mezzogiorno con l’utilizzo di una risorsa (il vento) capace di contribuire alla valorizzazione di territori storicamente tanto interessanti quanto ignorati”.
Cosa fare? In quattro punti la risposta secca dell’ANEV. “Occorre – conclude il documento dell’Associazione – certezza sulla durata degli incentivi; garanzie sulla stabilità della loro quantificazione; strumenti normativi adeguati, approntati con il contributo degli operatori per gli Enti che devono essere invogliati ad ospitare impianti da fonti rinnovabili; informazioni mirate a far conoscere alle popolazioni effetti e benefici delle rinnovabili sia a livello locale che globale. E’ questo il solo modo per far riprendere il cammino al settore e far raggiungere all’Italia i livelli degli altri Paesi europei nella vitale lotta all’inquinamento ambientale tramite la produzione di energia pulita”.
Nota: In questo comunicato la posizione dell’ANEV