DI FRONTE AD UNA SCELTA: LIBERISMO O STATALISMO?

Il sistema elettrico Nazionale si trova in una fase di estrema fragilità e in grandissimo affanno dovuto ad una serie di situazioni che sommandosi hanno portato il nostro Paese in una situazione estremamente complicata. Da un lato infatti abbiamo visto una trasformazione enorme che in dieci anni ha trasformato il parco di generazione elettrica in uno dei più efficienti al mondo e spostato verso il gas la fonte primaria di utilizzo. Questo passaggio è stato guidato in larghissima parte da una visione di lungo periodo in cui si riteneva insufficiente il sistema di generazione italiano a soddisfare la domanda di energia elettrica con il conseguente rischio di black-out. Molti ricorderanno che si agì addirittura con provvedimenti di urgenza che semplificarono gli iter autorizzativi per renderli snelli e velocizzarli. Dall’altra parte però è avvenuto che subito dopo che il parco di generazione elettrica era stato rimodernato con molti migliaia di nuovi MW di impianti realizzati, siamo entrati in una recessione che perdura ancora e che non solo non ha consentito la crescita dei consumi come previsti, ma addirittura ha fatto registrare un calo significativo degli stessi. La somma di questi due eventi ha comportato un significativo eccesso di potenza disponibile e quindi la conseguente limitazione significativa del funzionamento di molte centrali elettriche. Se si aggiunge a questo che nell’ultimo lustro si è aggiunta una potenza significativa di nuovi impianti alimentati a Fonti Rinnovabili, principalmente fotovoltaico ed eolico, si ha il quadro completo del contesto in cui ci muoviamo.
A questo scenario si deve aggiungere che lo sviluppo eccessivamente impetuoso del Fotovoltaico, che in due anni ha visto realizzare circa 15.000 MW (!), ha aggiunto problemi di carico della rete di distribuzione che si stanno ripercuotendo anche sulle reti di trasmissione con la conseguenza che anche tali piccoli impianti dovranno essere in qualche modo chiamati a contribuire alla stabilità del sistema con gli impianti più grandi che già lo fanno. Quindi oggi succede che la produzione fotovoltaica che si concentra nelle ore diurne, si somma a quella eolica, solare e a biomassa (tutte le rinnovabili hanno una priorità nel dispacciamento sulla rete, con la conseguenza che l’offerta in quelle ore è superiore alla domanda, e addirittura che nei giorni festivi solo le rinnovabili sono più che sufficienti a coprire tutto il fabbisogno energetico.
Questa situazione di sovraccapacità produttiva del sistema elettrico avrebbe dovuto produrre un significativo calo dei prezzi dell’energia elettrica in borsa, tuttavia ciò non è avvenuto, o comunque non è avvenuto nell’ordine di grandezza immaginabile. Questo è successo per la mancanza di apertura del mercato, oltre che la sua rigidità, e per la carenza infrastrutturale della Rete, molto si è fatto da parte di TERNA e molto ancora si sta facendo e si deve fare. Entrambi questi punti sono da porre al centro dell’agenda per essere con decisione affrontati e risolti organicamente.
Il rischio odierno è infatti che nella nuova emergenza in cui molti operatori si trovano, si intervenga nuovamente con contromisure che invece di aprire ad nuovo sistema che porti efficienza, sicurezza e rispetto degli obiettivi di decarbonizzazione  previsti dalle normative internazionali e comunitarie vigenti, vadano a salvare situazioni complesse con aiuti che non risolveranno l’emergenza e che aggraveranno i costi dell’inefficienza complessiva del sistema. In qualche modo è oggi il momento di scegliere se lasciare mano libera alla concorrenza, aprendo al liberismo e rimuovendo i limiti del mercato con la conseguente riduzione della sicurezza del sistema ma con la significativa perdita di posizione e quindi riduzione significativa del prezzo dell’energia elettrica, oppure se mantenere o aumentare ancora il peso della mano pubblica che tramite molte, troppe, ramificazioni continui a proteggere e difendere i più forti nella conservazione dello status quo.
La SEN che il Governo dei Tecnici ci lascia non risolve la situazione, seppur lodevolmente fornisce degli scenari importanti di medio e medio-lungo periodo che possono contribuire a dar fiducia a chi investe nel settore. Ma se vogliamo essere realisti prima di qualche lustro, almeno un paio, non solo non ci sarà spazio per nuove centrali, ma si farà fatica a mantenere aperte le meno efficienti di quelle che oggi già esistono, in attesa di una ripresa dei consumi, e una possibile conversione di alcuni consumi sull’elettrico (la mobilità, la climatizzazione e altri usi domestici come i sistemi a induzione per la cucina), che possano far nel complesso risparmiare energia al Paese con la maggiore efficienza garantita. Parallelamente i sistemi e le reti dovranno in breve tempo diventare molto più flessibili in modo da consentire metodi efficienti di allineamento di domanda e offerta anche in tempo reale, con il conseguente possibile utilizzo delle utenze, anche domestiche, per la regolazione e il bilanciamento dei carichi.
In conclusione molto c’è da fare e quello che servirebbe è un quadro politico chiaro e stabile che possa dare finalmente una visione di lungo periodo condivisa e stabile che riesca a far ritornare gli investitori a investire nel nostro Paese in quelle opere che servono e che possono contribuire al sempre più pressante bisogno di crescita.