Rinnovabili, l'Italia cambi marcia per il nostro bene

SI PUÒ QUANTIFICARE IL COSTO DI VITE UMANE E QUALITÀ DELLA VITA COLLEGATO ALL’EMISSIONE DI INQUINANTI FOSSILI?

Come noto quella che stiamo vivendo è una situazione difficile sia da un punto di vista economico-finanziario sia da un punto di vista sociale, nella quale la ridottissima disponibilità di risorse economiche lascia anche agli esecutivi più coraggiosi pochi spazi di manovra per investire in crescita, rilancio industriale e sostegno alle aziende.
In questo contesto si inserisce l’urgente e necessaria definizione del quadro normativo che il settore delle Fonti Rinnovabili attende da tempo, e che dovrà consentire, questo dice la Direttiva Comunitaria sulle rinnovabili, di rimuovere ogni tipo di ostacolo ancora esistente al raggiungimento dell’Obiettivo al 2020.
Ricordiamo infatti che l’Italia, come tutti gli altri Paesi Europei, ha volontariamente assunto come proprio obiettivo vincolante al 2020 di coprire almeno il 17% dei consumi energetici con fonti rinnovabili di energia contro una media comunitaria del 20%.
Il motivo per il quale i trattati internazionali, quelli comunitari e le normative nazionali assumono come necessario l’impegno dei singoli stati a sostenere tali fonti di energia, è abbastanza facile da capire, infatti se è vero che queste tecnologie sono più care se confrontate con i medesimi criteri utilizzati per calcolare il costo di quelle tradizionali, valutando anche quelli che sono i costi esterni e quello che vorrei chiamare il valore intrinseco di queste tecnologie, la questione cambia.
Infatti chi di noi potrebbe dare una quantificazione all’essere energeticamente autosufficienti? Quanto vale la riduzione in Euro della bilancia commerciale del nostro Paese per i milioni di barili di petrolio non importati? Cosa saremmo disposti a offrire per non rischiare più di dover restare al buio per la decisione di qualcun altro che decide di chiudere un tubo ? Si può quantificare il costo in termini di vite umane e di qualità della vita collegato all’emissione di inquinanti emessi dalle fonti fossili? Tutte domande scomode, soprattutto per chi si è convinto per decine e decine di anni che quella era l’unica strada, che chi parlava di rinnovabili era naif, vetero-ambientalista o solo un visionario.
Oggi è cambiato ogni schema, e la grande sovraccapacità del nostro Paese in termini di offerta elettrica, potrebbe essere giocata dal nostro Paese in modo strategico, prevedendo fin d’ora un periodo di sofferenza, quale è oggi, che però si potrebbe trasformare in strategia vincente nel medio periodo. Ipotizziamo infatti che dalla Libia arriveranno nel futuro meno materie prime, che per gli approvvigionamento di gas dalla Russia permangano gli attuali rischi che generano incertezza sulla stabilità delle forniture del gas, che l’uscita della Germania e, seppur più avanti, della Francia dal nucleare civile determini un significativo calo della produzione elettrica in quei Paesi e quindi l’impossibilità di importare energia come oggi facciamo.
A questo contesto, non troppo irreale, dovremmo sommare l’instabilità complessiva dell’area mediorientale, la crescita dei consumi energetici della Cina e dell’India, e il quadro che si delinea è estremamente più complesso, e dovrà ridefinire i canoni stessi che sono alla base delle politiche energetiche.
Infatti non potrà essere il mercato, o solo il mercato a regolare questa transizione, perché di transizione si parla, ma la carenza stessa dell’energia diventerà elemento strategico slegato da valutazioni economiche, e questo significherà che l’indipendenza energetica è il primo elemento strategico di politica energetica che un Governo illuminato dovrebbe voler raggiungere.
In questo contesto di medio-lungo periodo tuttavia ci troviamo oggi a dover fare fronte alle criticità che l’attuale situazione economico- finanziaria ci impone, con l’esito che queste tecnologie non solo non vengono sostenute, ma si decide con una decisione completamente ottusa, di caricare sulle Fonti Rinnovabili una nuova tassa del 10,5% di valore, che comporterà danni irreparabili, bloccando definitivamente i nuovi investimenti.
Come se ne esce? L’unica strada possibile oggi è quella di rivedere complessivamente tutto il sistema degli incentivi, dei meccanismi di definizione degli stessi, della gestione dei flussi fisici di energia, delle possibili alternative derivanti da sistemi innovativi come gli accumuli, e rendendo efficienti i sistemi autorizzativi e gestionali per i nuovi impianti.
Per quanto riguarda gli incentivi un passaggio dei meccanismi di sostegno dalla produzione alla realizzazione potrebbe meglio coniugarsi con le attuali situazioni di crisi delle banche e dei mercati, così da permetterne anche una loro più agevole ed automatica parametrazione ai veri costi della tecnologia, consentendone un adeguamento rapido in salita o in discesa onde evitare il ripetersi di situazioni incontrollate come per il fotovoltaico.
Altro aspetto centrale che servirebbe rapidamente definire, è legato alla necessità di una drastica semplificazione autorizzativa che contribuirebbe molto a avvicinare i costi nazionali autorizzativi a quelli europei, e conseguentemente di riordinare gli incentivi, meglio se affiancato da uno sviluppo importante e mirato delle infrastrutture energetiche nazionali che consentirebbe un ben più efficiente sfruttamento delle risorse rinnovabili, e non, del nostro Paese.
Come evidente quindi una riorganizzazione complessiva del sistema sembra necessaria, ma sarebbe indispensabile che fosse finalmente organica e adeguatamente costruita al fine di porre mano complessivamente al comparto elettrico con competenza e, soprattutto, con una visione di medio-lungo periodo, fatta per il bene comune e non per qualche meschino interesse particolare.
Bisogna quindi lavorare sulle regole e sugli scenari, liberando tutte le risorse e aumentando la concorrenza, eliminare i costi inutili, le farraginosità, riducendo sensibilmente gli sprechi.
In poche parole fare una drastica operazione di efficientamento del sistema da cui ne trarrebbero beneficio innanzitutto gli operatori seri, nazionali e non, e quindi tutto il sistema che solo così potrebbe in pochi anni portare l’Italia dove comunque dobbiamo arrivare se vogliamo continuare a crescere, e cioè a non dover essere dipendente energeticamente per il futuro da Paesi terzi.
Per fare ciò servirebbe finalmente anche nel nostro Paese un Ministero dell’Energia, che possa affrontare organicamente un percorso necessario oggi più che mai, nel frattempo ci accontenteremmo di avere se non nei tempi previsti dalla legge che sono già passati, ma almeno non troppo dopo la loro scadenza, i Decreti Ministeriali che definiscono il quadro normativo e regolatorio delle Rinnovabili per raggiungere l’obiettivo al 2020.